Oggi pomeriggio i carabinieri hanno eseguito un fermo di indiziato di delitto nei confronti del 39enne di origine tunisine T. B. su proposta della Procura Distrettuale di L’Aquila, già fermato in precedenza dai militari del Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri nella provincia di Chieti, con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere aggravata dalla finalità del terrorismo.
L’uomo è stato rinchiuso nella casa circondariale di Vasto, in attesa di convalida del fermo da parte del gip del Tribunale vastese.
Il tunisino era domiciliato in un centro di accoglienza, sempre nel Chietino, ed era impiegato in una ditta locale.
“La misura – spiegano gli inquirenti – scaturisce al termine di una complessa ed articolata attività di indagine dei Carabinieri del ROS, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo dell’Aquila, durante la quale si dimostrava un rapido ed intenso processo di autoradicalizzazione islamista, che aveva assunto connotazioni estremiste di natura salafita”.

Tutto questo, proseguono gli inquirenti, in particolare a partire dal 7 ottobre 2023, vale a dire la data dell’attentato terroristico, noto come “Diluvio di Al Aqsa”, ad opera di organizzazioni jihadiste riconosciute come terroriste dall’Unione Europea.
L’indizio iniziale che ha mosso gli investigatori del ROS è stata “l’amicizia” Facebook tra T.B. e il terrorista Abdessalam Lassoued, entrambi originari di Sfax (Tunisia), autore quest’ultimo dell’attentato terroristico del 16 ottobre 2023 a Bruxelles (Belgio), allorquando, imbracciando un’arma di tipo militare, uccise due cittadini svedesi prima di essere a sua volta ucciso dalla polizia belga.
Ed è stato proprio il ccollegamentodefinito “pericoloso” a spingere gli inquirenti a svolgere ulteriori attività investigative nei confronti di T.B. “che portavano ad un’iniziale perquisizione, con sequestro di un ingente quantitativo di dispositivi elettronici, il cui esame documentava una sua continua attività di propaganda apologetica, tramite Facebook, consistente in “post” e commenti a favore di organizzazioni terroristiche di matrice jihadista”.
“Tra l’altro – aggiungono gli inquirenti – tale impegno dell’indagato andava a configurare una vera e propria attività di promozione del programma eversivo e terroristico jihadista, “rilanciando” diversi “post” di propaganda da soggetti online che riportavano copioso materiale apologetico, servendosi di internet come una vera e propria “cassa di risonanza” della violenza e dell’odio”.
Il target di riferimento di T.B. erano tutti i suoi “amici” social, moltissimi di lingua araba, presenti sia sul territorio nazionale che estero, tentando di influenzarli in senso radicale, pubblicando immagini antisemite, antioccidentali e riferite al jihad militare contro gli “infedeli”, anche al costo del “martirio”, avendo come obiettivo ultimo la realizzazione del califfato mondiale.