La notizia in cronaca nazionale
“Il 7 febbraio scorso un operaio della Sevel di Atessa (Chieti), addetto alla Catena UTE 1 Montaggio, ha chiesto ripetutamente di poter andare al bagno, ma gli è stato vietato ed è stato costretto così a farsi la pipì addosso; si tratta di un fatto grave che lede la dignità di una persona e tramite lui dell’intera classe lavoratrice di questo stabilimento, che con 6.500 dipendenti è la più grande fabbrica italiana della FCA”.
Il deputato di Sinistra Italiana Gianni Melilla raccoglie la denuncia del sindacato USB, “che per questo – incalza nel suo intervento su Contropiano Giorgio Cremaschi, già presidente Fiom Cigl – ha proclamato un sacrosanto sciopero, la dignità e la stessa fisiologia umana sono state offese in quello stabilimento”.

“Questo infame bullismo, questa offesa ai più inviolabili diritti della persona – scrive inoltre Cremaschi – non è solo frutto della prepotenza mascalzona di un ignobile capetto, ma è il risultato di un sistema che organicamente porta alla umiliazione dell’essere umano, alla cancellazione della sua stessa natura fisica. Poco tempo fa alla SATA di Melfi le operaie sono state umiliate da disposizioni aziendali che ledevano la loro biologia. Ovunque si verificano episodi nei quali le più elementari funzioni del corpo umano sono negate in nome della produzione a tutti i costi”.

L’on. Melilla porta il caso in Parlamento, presentando una interrogazione a risposta scritta al presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni, “per sapere se non intenda richiamare la multinazionale FCA al rispetto della dignità dei suoi lavoratori anche nel suo più grande stabilimento abruzzese, la Sevel di Atessa”.
“La Sevel – rammenta il deputato abruzzese a Gentiloni – è nata in Abruzzo nel 1978 a seguito di una joint venture tra la Fiat e la Peugeot e attualmente produce circa 300.000 veicoli commerciali che vengono venduti in 80 Paesi del mondo e in Europa occupa il primo posto nelle vendite del suo segmento, si tratta dunque della più grande fabbrica metalmeccanica italiana, un gigante dell’export industriale italiano”.

“La vicenda – prosegue l’on. Melilla – per questo non può essere sottovalutata: nella più grande fabbrica italiana i ritmi e i carichi di lavoro arrivano al punto di costringere un operaio a farsi la pipì addosso per non lasciare il suo posto di lavoro alla catena di montaggio, cose che pensavamo lasciate appartenere alla fase primitiva dello sfruttamento della forza lavoro da parte di un capitale avido e disumano. La democrazia – conclude nell’interrogazione – non può fermarsi davanti ai cancelli di una fabbrica, e anche alla catena di montaggio i lavoratori non devono essere umiliati”.
La notizia rimbalza anche sul web, nel gruppo Facebook dei lavoratori della Val di Sangro un dipendente della fabbrica del Ducato scrive che “La riunione con il comitato esecutivo per il problema di martedì scorso si terra’ alle ore 13 di lunedì 13 febbraio in palazzina uffici”. In tanti attendono risposte.