Di obesità si muore ogni 10 minuti: è una epidemia a livello mondiale, con 1,9 miliardi di persone in sovrappeso e 600 milioni di obesi da sottoporre a intervento chirurgico. In Abruzzo è altissimo anche il tasso di obesità infantile, primato che condividiamo con la Basilicata. I dati sono stati resi noti durante la giornata europea dedicata all’obesità, nel corso di un convegno a Villa Serena a Città Sant’Angelo. Nella giornata di sensibilizzazione sul tema, i dati sono stati resi noti dal chirurgo Franco Ciampaglia. L’obesità è trattata a livello multidisciplinare, e non solo chirurgico, da un team di esperti, dal cardiologo al dietista e allo psicologo.
Il convegno di sabato 20 maggio, a Villa Serena, “Dal territorio al tavolo operatorio e ritorno: un percorso sempre sicuro?” è stato anche un appuntamento formativo per medici di medicina generale e specialisti in anestesia e rianimazione, cardiologia, chirurgia, urologia e ortopedia.
“I recenti progressi tecnologici e farmacologici nell’ambito chirurgico, anestesiologico ed intensivologico – spiega il curatore scientifico Tiziano Rosafio – hanno offerto una eccessiva percezione di sicurezza nei pazienti, ed è comprensibile; lo è molto meno se a sentirsi troppo sicuri sono gli operatori sanitari perché, a dire il vero, per quanto riguarda la sicurezza nel peri-operatorio, resta ancora molto da fare. Il numero crescente di pazienti sempre più anziani, con più co-morbilità e in trattamento poli-farmacologico, i cosiddetti “Pazienti Fragili”, le situazioni cliniche più critiche, gli interventi chirurgici più complessi e di lunga durata, nuovi farmaci e la disponibilità di una serie di dispositivi di nuova generazione hanno determinato un aumento dei pericoli per il paziente chirurgico”.
“In tutto il mondo, ogni anno, milioni di pazienti muoiono entro 30 giorni dall’intervento di chirurgia non cardiaca; l’infarto del miocardio – dichiara il medico – è la causa più frequente. La sospensione ‘inopportuna’ o la mancata ‘opportuna’ sospensione di un trattamento farmacologico, o il ‘timing’ sbagliato nella sospensione o nella ripresa del farmaco nel peri-operatorio può, di per sé, mettere a repentaglio la vita del paziente o, nel migliore dei casi, determina un rinvio dell’intervento chirurgico, con allungamento delle liste d’attesa e gravi disagi per il paziente e i suoi familiari”.
Ad esempio, la causa più frequente di ‘interruzione prematura’ della terapia antiaggregante è proprio l’intervento chirurgico; ciò comporta un incremento significativo della mortalità e degli eventi avversi cardiaci maggiori, in particolare la trombosi dello stent coronarico. “La gestione di un sistema complesso come quello sanitario deve garantire – sostiene il dott. Rosafio – efficienza, qualità, efficacia, sicurezza e appropriatezza delle prestazioni”. Elementi chiave per raggiungere questi obiettivi sono la formazione medica continua, l’implementazione della pratica clinica basata sull’evidenza, la riduzione dell’incidenza degli errori, la risposta appropriata ai bisogni del paziente, e soprattutto il miglioramento del rapporto, la corretta e fattiva interazione tra i professionisti della struttura ospedaliera e del territorio.
“E’ in questo contesto – spiega il medico – che è nata l’idea di realizzare il convegno, coinvolgendo e mettendo a confronto le varie figure professionali dell’istituto di cura e i professionisti del territorio. Infatti, non è più sufficiente implementare la performance del solo ‘sistema ospedale’ con la continua revisione dei protocolli e delle linee guida, il controllo del rischio clinico ed il feedback con i pazienti, ma occorre, ed è dirimente, elaborare un sistema di ‘governo perioperatorio’ basato sull’interazione e la reciproca collaborazione tra professionisti della struttura e professionisti del territorio al fine di migliorare l’informazione e la comunicazione a garanzia della sicurezza del paziente chirurgico”.