Esprime solo se stessa

La scritta “Dux” sulla montagna di Villa Santa Maria (Chieti) deve rimanere. A sostenerlo è Marco Patricelli, giornalista e saggista.
“È da respingere, da chiunque abbia buon senso e un minimo di cognizione, l’idea che la storia sia una specie di torta millefoglie di cui ognuno si prende solo lo strato che gli piace, perché nei suoi gusti ideologici”. Così l’autore di Resistenza, Fascismo e 2/a Guerra Mondiale, nonché Cavaliere della Repubblica e Bene Merito di Polonia, interviene sulla vicenda che sta facendo discutere questa parte d’Abruzzo.
“Si è fatta molta confusione tra storia e memoria per la vicenda che è invece una questione politica imbastita abbastanza grossolanamente nei toni e nei modi”, dice Patricelli riferendosi anche all’interpellanza parlamentare annunciata dal deputato abruzzese Camillo D’Alessandro (Pd).

“La proposta poi di cambiare due lettere e trasformare Dux in Pax – commenta Patricelli – aggiunge anche un risvolto patetico a quello che è un mero retaggio del passato, il cui significato storico e politico è noto a tutti, inutilmente rivangato con immancabile sdegno iconoclasta. Quella scritta va accettata e mantenuta così com’è perché è legata alla nostra storia, ed esprime solo ed esclusivamente se stessa”.
Per Patricelli “la storia va studiata e conosciuta, non fatta a pezzetti per un uso strumentale politico”.
“Se passasse quest’assurdo principio sul periodo del Ventennio, come nel caso di Villa Santa Maria – aggiunge – dovremmo scalpellare i fasci littori da migliaia di tombini delle città italiane, dalle fontane dei paesi di montagna, dalle lapidi apposte sulle chiese con i caduti delle guerre di Spagna e di Etiopia, dai numeri civici delle case, dalle targhe celebrative che spiccano persino su palazzi antichi e monumenti”.
“Una damnatio memoriae ideologica – sottolinea Patricelli – che ci porterebbe per assurdo a cancellare le tracce della romanità, perché quella civiltà portava avanti guerre di conquista e genocidi, praticava la schiavitù e dava i cristiani in pasto ai leoni; a ripudiare la Chiesa perché torturava gli eretici e bruciava le donne ritenute streghe; a cancellare vie e piazze dedicate ai caduti di Dogali perché colonialisti e razzisti. Con questa logica fuori dal tempo e dalla storia, il Maggiolino Wolkswagen non avrebbe mai dovuto essere costruito, perché era l’auto voluta da Hitler e costruita durante la guerra da lavoratori schiavi, impiegati anche nelle fabbriche delle oggi multinazionali del farmaco, i cui prodotti assumiamo su scala mondiale senza farci alcuno scrupolo. Nessuno ha mai rifiutato il Premio Nobel né il pingue assegno, perché istituito da un inventore arricchito con i proventi della dinamite, dei proiettili d’artiglieria e dei cannoni Bofors, che hanno provocato milioni di morti. Se pecunia non olet persino nel nome del Nobel per la pace, non si comprende perché – conclude Patricelli – i sepolcri imbiancati storcano oggi il naso di fronte all’innocua scritta di Villa Santa Maria”.