Operazione della polizia

Una trentina di arresti nei confronti di cittadini stranieri sono stati eseguiti dalla polizia contro la mafia nigeriana in 14 province italiane tra cui quella dell’Aquila dalla quale sono partite le indagini: le accuse sono di associazione per delinquere di stampo mafioso , finalizzata al compimento di numerosi reati tra cui traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe informatiche e riciclaggio anche attraverso la compravendita di bitcoin, per un totale di quasi 100 capi di imputazione.
“La scelta dell’Aquila è stata fatta perché la zona è tranquilla. Truffe romantiche su siti d’incontri e informatiche tra i reati più commessi” ha detto il vicequestore dell’Aquila, Marco Mastrangelo, in conferenza stampa.
“Le indagini sono partite nel 2018 – ha riepilogato il procuratore capo dell’Aquila, Michele Renzo, capo della procura distrettuale antimafia abruzzese -. Questa organizzazione risponde agli schemi dell’associazione mafiosa. Quando si pensa alla mafia nigeriana non dobbiamo pensare solo a spaccio e prostituzione, è un’organizzazione che ha metodi sofisticati di criminalità economica. Una mafia che sta compiendo un ulteriore passo dalla violenza deflagrante che incide sugli individui alla violenza sul sistema, perché questo è la criminalità economica”.
Criminalità economica su internet
Una criminalità “economica con modalità moderne” che punta a realizzare, attraverso frodi informatiche, veicolate da fondi ottenuti in maniera illecita, una serie di operazioni di riciclaggio in beni mobili (acquisti su siti e-commerce) e immobili (proprietà in Nigeria) per una economia globale parallela apparentemente lecita che danneggia il sistema economico italiano: a scoprire l’attività illecita è stata la procura distrettuale antimafia dell’Aquila nell’ambito dell’inchiesta ‘Hello Bross’ – condotta dalla Squadra Mobile dell’Aquila, dalla Sezione di Polizia Giudiziaria e dal Servizio Centrale Operativo – che ha portato all’arresto di 30 affiliati della mafia nigeriana appartenente alla Black Axe, presenti in 14 province italiane, con base operativa nel capoluogo abruzzese.
Altri 25 nigeriani, come gli arrestati, risultano indagati per associazione di stampo mafioso finalizzate al compimento di numerosi reati tra cui traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe romantiche, truffe informatiche e riciclaggio, per un totale di quasi 100 capi di imputazione.
Il capo preso a L’Aquila
A L’Aquila viveva il 35enne a capo dell’organizzazione, che in due anni e mezzo di attività ha commesso frodi per circa un milione di euro.
Arrivato in Italia su un barcone dalla Libia e sbarcato a Pozzallo (Ragusa) nel 2014 l’uomo era finito al Centro di Prima Accoglienza all’Aquila, dove viveva in un appartamento regolarmente affittato e pagato, in maniera insospettabile. Proprio seguendo il capo per due anni, la polizia ha ricostruito la complessa attività che ha toccato le province di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni.
Procura: non c’è integrazione senza regole
“Ci siamo imbattuti – ha spiegato il procuratore Renzo – in una sorta di evoluzione della mafia, caratterizzata da una criminalità economica con modalità moderne. In un momento in cui ci si interroga tanto sulla presenza degli stranieri in Italia e in cui si ragiona tanto sull’integrazione, la prima cosa che dobbiamo tenere presente è che non c’è integrazione senza regole”.
Della struttura dell’organizzazione criminale sono stati individuati i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche (Forum) presenti in diverse città italiane.
Gli indagati si sono resi autori di numerosi reati, in prevalenza rientranti nel cybercrime: una particolare forma di truffa informatica consisteva nell’acquisto di bitcoin con i quali venivano poi comprate, nel mercato del darknet, le carte di credito clonate utilizzate per l’acquisto di beni e servizi sui siti e-commerce.
Colpisce l’aspetto patrimoniale
“La peculiarità dell’operazione odierna, che più ci ha colpito sta nell’aspetto patrimoniale dell’impegno criminale, deriva significativa nel campo del riciclaggio di denaro”. A sottolinearlo è il direttore della Centrale Anticrimine della polizia, Francesco Messina, nella conferenza stampa all’Aquila per illustrare l’operazione che ha portato a smantellare una pericolosa rete criminale nigeriana.
“L’organizzazione però – ha aggiunto – non ha affatto disdegnato il traffico di stupefacenti, prostituzione e accattonaggio. Quest’ultimo praticato fuori i supermercati, rappresenta anzi uno dei passaggi iniziatici. Queste organizzazioni nigeriane sono sempre più pericolose, basti pensare che in Campania, hanno oramai un livello di pariteticità con la camorra autoctona”.
Per Fausto Lamparelli, direttore del Servizio centrale operativo della Polizia, “per riciclare il denaro veniva usato un sistema antico e raffinato, che consente di riciclare ingenti somme, di illecita provenienza, inviando i soldi in Nigeria ma anche col criterio delle somme regolarmente acquisite attraverso attività come gli African Shop diventati punto di riferimento per coloro che vogliono trasferire somme in Nigeria, sia da proventi leciti che illeciti”.
“L’attività di indagine – ha sottolineato il capo della Squadra mobile dell’Aquila, Marco Mastrangelo – complessa ed articolata, ci ha permesso di verificare partendo dallo spaccio di droga una attività criminale molto più estesa ed organizzata con metodi innovativi ed informatici. È lo abbiamo fatto seguendo il capo che viveva all’Aquila e che era al centro della organizzazione che opera in tutta Italia con collegamento anche all’estero”.
Sindaco Biondi: grazie alla polizia di stato
“Ringraziamenti ed encomi” sono stati rivolti dal sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, alla Procura della Repubblica e alla Polizia di Stato della questura del capoluogo per l’operazione Black Axe.
“Alla direzione investigativa distrettuale antimafia e antiterrorismo della Procura della Repubblica, al questore, alla Squadra mobile e alla polizia giudiziaria, che hanno condotto brillantemente le indagini per un lungo periodo, alle donne e agli uomini della polizia impegnati in tale difficile operazione contro questo filone della criminalità organizzata vanno le più fervide congratulazioni per la brillante azione che stanno conducendo – ha aggiunto il sindaco Biondi -. Certo, apprendere che per due anni il boss di questa organizzazione, che aveva un’ampia diffusione e che gli inquirenti hanno considerato di elevatissima pericolosità, abbia vissuto nella nostra città fa nascere più di un’apprensione. Ma è tranquillizzante la circostanza che il leader di questa struttura malavitosa, dedita al traffico di droga, all’immigrazione clandestina, allo sfruttamento della prostituzione ed altri reati gravissimi, sia stato comunque tenuto sotto controllo dalla nostra polizia, che merita il ringraziamento dell’intera comunità aquilana”.
“È anche in virtù dell’attenzione e delle capacità delle forze dell’ordine, oltre che alla correttezza generale dei cittadini, che il capoluogo abruzzese risulta ogni anno tra le città più tranquille e sicure in campo nazionale nelle varie indagini sulla qualità della vita” ha concluso il sindaco Biondi.