A Lanciano

“Mi sono sentito minacciato e ho reagito tirando un pugno a Giuseppe Pio D’Astolfo, che poi è caduto a terra”.
Il tredicenne indagato per lesioni gravi ha ammesso le sue responsabilità per il ferimento del 18enne lancianese, finito in coma all’ospedale di Pescara, ed è stato sentito ieri sera dai carabinieri di Lanciano (Chieti) dai quali si è presentato spontaneamente, accompagnato dal difensore Vincenzo Menicucci, per fornire la sua versione dei fatti sulla violenta serata di domenica scorsa all’ex stazione Sangritana di Lanciano.
A seguito della testimonianza del minore, questa mattina è scattata una raffica di perquisizioni domiciliari, disposte dalla procura di Lanciano, nel corso delle quali sono stati acquisiti anche i telefoni degli altri quattro indagati in concorso e alcuni loro famigliari per verificare l’attendibilità del racconto del tredicenne.
La ricostruzione del 13enne
Davanti ai carabinieri, coordinati dal maggiore Vincenzo Orlando, O.P.D.R. non ha negato il suo coinvolgimento nei fatti. “Molto provato per quanto accaduto – riferisce il legale – ha ammesso di essere il solo responsabile del pugno sferrato al giovane D’Astolfo, ma nello stesso tempo ha chiarito di aver agito perché provocato”, sia dallo stesso 18enne che dal suo amico 26enne, “i quali lo avrebbero avvicinato sfidandolo a venire alle mani”.
La lite sarebbe scaturita a causa di una ragazza, la 16enne che era sul posto in compagnia di Giuseppe e il coinquilino dominicano. Il minore indagato, infatti, ha riferito ai carabinieri che sarebbe stata lei, “senza motivazione alcuna”, ad avvertire i suoi due amici che era intenzione del tredicenne venire alle mani, “tanto che i due si sarebbero fatti avanti con intenti percepiti provocatori e minacciosi da parte del tredicenne, il quale – prosegue il legale – temendo di essere aggredito, avrebbe colpito per primo” con un pugno il 18enne, ricoverato in coma a Pescara.
Nella ricostruzione dell’episodio, il tredicenne prosegue riferendo di essere stato poi “a sua volta colpito dal 26enne, non prima di essere aggredito dalla 16enne, che lo avrebbe afferrato al collo provocandogli escoriazioni”.
Quindi, spaventato per quanto accaduto, si sarebbe allontanato facendo rientro a casa.
Lite tra alcol e droga
Il tredicenne ha anche chiarito che i tre amici, Giuseppe, il coinquilino e la 16enne, “erano visibilmente alterati a seguito dell’ingestione di bevande alcoliche, non escludendo anche l’assunzione di sostanze psicotrope”.
Lo stesso ha chiarito di non assumere alcol né stupefacenti, “la famiglia – riferisce il legale del minore – ha prestato ampio consenso per sottoporre il tredicenne ad accertamenti tossicologici”.
A conforto delle dichiarazioni rese, è stata prodotta una conversazione intrattenuta tra la 16enne e il 13enne dopo poche ore dai fatti, e nella quale la stessa si sarebbe scusata ammettendo che ciò che era successo era in parte dovuto anche al suo comportamento.
Il gruppo di aggressori
Quanto agli altri minori presenti sul posto, al momento dell’aggressione, sono due cugini del tredicenne “completamente estranei ai fatti”.
“La sola presenza passiva – precisa il legale – non è idonea a configurare alcun concorso nel reato, atteso che per assurdo anche le numerose persone presenti dovrebbero essere chiamate a rispondere allo stesso modo”.
La solidarietà alla famiglia
Le dichiarazioni del minore sono al vaglio degli inquirenti. La famiglia del tredicenne, sconvolta per quanto accaduto, esprime vicinanza e la più ampia solidarietà al giovane D’Astolfo e alla sua famiglia.
Le indagini proseguono
Oltre al tredicenne O.P.D.R., l’indagine per l’aggressione a Giuseppe Pio D’Astolfo, 18 anni, vede indagati altri due minori di 14 anni e due maggiorenni, di 18 e 30 anni.
I coinvolti appartengono a tre distinte famiglie nomadi di Lanciano, con cognomi diversi.