Era tutto architettato in un piano agghiacciante, manca il movente

Marina Angrilli, 51 anni, spinta giù dal balcone a Chieti Scalo: è mezzogiorno. La figlia Ludovica, 10 anni, lanciata nel vuoto dal viadotto Alento della A14, a Francavilla al mare (Chieti): si è fatta l’una.
Sette ore dopo di angosciose trattative, con una psicologa che casualmente si trovava sul posto, poi con un mediatore della polizia e infine con lo psichiatra professore: alle otto di sera Fausto Filippone ha staccato le mani dalla rete di protezione della A14 ed ha raggiunto la bambina, dopo essere precipitato a terra per circa 40 metri.
E’ questa la ricostruzione dei fatti che emerge dalle autopsie eseguite, dal medico legale Cristian D’Ovidio nell’obitorio di Chieti, sui tre corpi della “famiglia normale”.

Il 49enne, stimato dirigente d’azienda, laureato alla Ca’ Foscari di Venezia, la mattina di domenica 20 maggio porta la moglie nella casa di Chieti Scalo. Non si sa cosa succede, ma l’autopsia suggerisce che sia stato lui a spingerla improvvisamente giù dal balcone. L’uomo che ha soccorso per primo la donna, Giuliano Salvio, è un medico. Intorno alle 12 esce di casa per prendere l’auto e nel cortile trova Marina Angrilli a terra. Perde molto sangue. Capisce che è una caduta dall’alto. Chiama i soccorsi. Arriva Filippone, racconta Salvio alla Tgr Abruzzo. Lui vuole andare via e gli lascia un numero di telefono. Salvio chiede chi sia e, quando Filippone gli risponde il marito, lui lo trattiene fino all’arrivo del 118. La chiamata al 113, aveva riferito ieri il questore di Chieti, Raffaele Palumbo, arriva alla centrale alle 12:06. “Quando è arrivata l’ambulanza – racconta Salvio – Filippone era lì vicino, si muoveva nervosamente nel cortile. Dopo qualche secondo è arrivata una seconda ambulanza e dietro una volante della Polizia. I poliziotti sono scesi. Non ho badato a cosa facessero né a cosa facesse il marito che era lì presente perché a un certo punto un operatore del 118 gli ha chiesto se avesse un documento della signora. Lui ha detto: ‘Vado a cercarlo’. Poi è tornato subito dopo dicendo di non averlo. Poi sono andati via tutti insieme: le due ambulanze, la volante e il marito della signora”.

E’ a questo punto che Filippone va a prendere la figlia dai parenti, a Pescara, ancora ignari di tutto. Poi, con la bambina in macchina, si dirige sul viadotto Alento della A14, getta la figlia dal viadotto di 40 metri, resta appeso per sette ore alla rete di recinzione al di là della balaustra e alle 20 si lascia andare.
Il movente della tragedia, però, non c’è ancora. Gli uomini della squadra Mobile di Chieti, diretti da Miriam D’Anastasio e coordinati dal pm Lucia Anna Campo, stanno lavorando anche per capire cosa sia scattato nella mente dell’uomo e perché: gli unici dati certi, secondo quanto ricostruito, sono il cambiamento caratteriale e lo stato di tristezza dell’uomo, sopraggiunti in seguito alla morte della madre. Non si tratta, però, di problemi psichici documentati.
“La morte della madre è stato uno dei fattori che hanno provocato la decisione di Fausto Filippone“, dice lo psichiatra Massimo Di Giannantonio, che per ultimo ha cercato di convincere l’uomo a non gettarsi. “Ha detto – spiega Di Giannantonio – che la sua vita era irreversibilmente iniziata a cambiare in termini intollerabili 15 mesi prima”. Secondo lo psichiatra, l’uomo fino alla fine ha voluto portare a termine il suo piano: “Mi sono trovato davanti a un muro. Nella mente di Filippone tutto era già finito”.