Cattedrale gremita

Coraggioso, innovativo, rivoluzionario: sono alcuni degli aggettivi che più ricorrono durante le esequie di Mons. Enzio D’Antonio, nei ricordi dei vescovi che hanno concelebrato assieme a Tommaso Valentinetti, suo collaboratore dal 1982, oggi arcivescovo di Pescara-Penne.
Cattedrale gremita di cittadini e fedeli, a Lanciano (Chieti), per l’ultimo saluto a Don Enzio, come tutti lo chiamavano, da quando nel dopo guerra divenne parroco di Sant’Agostino.
Arrivò a Campobasso, come vescovo, negli anni Settanta turbolenti della contestazione, ha ricordato l’attuale pastore Giancarlo Maria Bregantini: “personalità schietta e sincera, limpida e tenace, ebbe un impatto diretto con la mentalità spesso lenta del Molise. Volle creare una chiesa libera e povera, da qui lo scontro con il clero arroccato in visioni pre-conciliari”.
Emidio Cipollone, arcivescovo di Lanciano-Ortona, ricorda il suo motto episcopale: “Quod non est in actis non est in mundo”. E lui, ha sottolineato mons. Cipollone, ha rimesso a nuovo l’archivio diocesano, “foglio dopo foglio, attento anche nei particolari. Lo era nelle cose come nelle persone”. E poi la ristrutturazione della cattedrale della Madonna del Ponte, chiusa per un lungo decennio dopo il terremoto, la creazione dei musei diocesani a Lanciano e Ortona. “Viviamo di rendita per i tanti decreti che lui ha fatto in ogni versante – ha detto ancora Cipollone – dal regolamento pastorale alla formazione dei laici che ancora oggi lavorano nelle comunità parrocchiali”.
“Ed è stato coraggioso per tanti aspetti, ha saputo dare mente e cuore per le tradizioni che si stavano spegnendo, come la Squilla – ha detto l’arcivescovo – le ha fatto una flebo di Vangelo, di ecclesialità, ed ancora oggi la tradizione della Squilla ha importanza considerevole nella vita di tutti noi”.
Un altro esempio del coraggio di Mons. D’Antonio è nell’esame scientifico fatto eseguire sulle spoglie di San Tommaso apostolo: “in altre parti d’Italia ricche di pellegrinaggi non osano – ha detto Cipollone – lui invece ha avuto coraggio, ha chiesto aiuto alla scienza e all’Università di Chieti, per uno studio che ancora continua”. Infine, “per dirla tutta – conclude l’arcivescovo, strappando l’applauso ai fedeli – è più sicuro che San Tommaso sta a Ortona che San Pietro stia a Roma”.
“Lo affidiamo al Signore anche per la sua riservatezza, per come evitava ogni occasione di stare al centro dell’attenzione: in occasione del suo novantesimo compleanno, che coincideva con il quarantesimo di sacerdozio – racconta Cipollone – gli chiesi di celebrare una messa per lui in cattedrale. No, fu la risposta, non c’è bisogno che sia lì a ricevere applausi. Pregate voi per me”.
Da domani mattina le spoglie terrene di Don Enzio riposeranno nella terra del cimitero di Lanciano, la città che gli ha dato i Natali.