
“L’impegno dei datori di lavoro all’Hotel Rigopiano è stato apprezzabilissimo, ma hanno dimostrato di non saper gestire la neve. Io suggerii un gatto delle nevi invece delle lussuose stanze dannunziane”.
Lo ha detto Antonio De Vico, sindaco di Farindola (Pescara) dal 2009 al 2014, al termine dell’interrogatorio durato oltre due ore in Procura, a Pescara, nell’ambito dell’inchiesta sul disastro dell’Hotel Rigopiano. A seguito della valanga che travolse la struttura, il 18 gennaio scorso morirono 29 persone. Undici i sopravvissuti.
“Il giovane sindaco Lacchetta ha fatto tantissimo e ha subito molte pressioni – ha aggiunto De Vico – Io forse, da persona più esperta, avrei valutato la possibilità di chiudere le strade, anche se erano i gestori dell’albergo a potere e dovere rinunciare a una settimana di guadagni”.
De Vico è indagato in relazione all’attività omissiva, legata alla mancata adozione del nuovo piano regolatore di Farindola e alla mancata convocazione della commissione valanghe, riunitasi l’ultima volta nel 2005.
“La commissione valanghe del Comune di Farindola (Pescara), dal 2005, non si è riunita più, perché non ci sono state più segnalazioni di allerta da parte della Forestale e della Prefettura, come invece era avvenuto in passato, quando la commissione era stata regolarmente riunita e da me personalmente istituita”. De Vico è indagato, insieme all’attuale sindaco Ilario Lacchetta, all’ex sindaco Massimiliano Giancaterino, al tecnico comunale Enrico Colangeli e al geologo Luciano Sbaraglia, per omicidio colposo, lesioni plurime colpose e crollo colposo, in relazione all’attività omissiva, legata alla mancata adozione del nuovo piano regolatore generale del Comune di Farindola e alla mancata convocazione della commissione valanghe, riunitasi l’ultima volta nel 2005.