Cinque mesi dopo la morte di Lorena Paolini, a Ortona arrivano i Ris di Roma per chiarirne le cause: omicidio o suicidio?
Un accertamento necessario alla luce della nuova versione dichiarata dal marito della donna, Andrea Cieri, 51 anni, che resta l’unico indagato.
Secondo l’uomo, la moglie si è suicidata, impiccandosi al lampadario dello sgabuzzino della veranda al primo piano della palazzina di famigli, in località Casone.
La nuova versione è suffragata anche dalla figlia minore della coppia, l’unica presente in casa quella domenica mattina, e dal fratello dell’uomo, Giuseppe.
Quest’ultimo in particolare avrebbe preso la corda con cui la cognata si sarebbe appesa.
Quella domenica, Lorena venne trovata dai sanitari del 118 agonizzante sul divano. Ad allertare i soccorsi fu proprio il marito, di rientro all’ora di pranzo dopo il lavoro, dicendo che la moglie aveva avuto un malore.
E questa era la versione dei fatti, fino al recente colpo di scena.
Quel malore non convinse il medico, che allertò i carabinieri per dei segni sospetti sul collo della donna.
Il pm di Chieti, titolare dell’inchiesta, ha fatto sequestrare dai carabinieri della Compagnia di Ortona il telefono della figlia minore della coppia, che dormiva nella sua stanza, dissero nella immediatezza dei fatti.
Agli accertamenti partecipano le parti coinvolte, con i rispettivi legali e periti. Cieri è assistito dall’avvocato Maddalena De Gregorio, del foro di Roma.
La sorella della vittima, Silvana Paolini, non ha mai creduto all’ipotesi di suicidio.
“Mia sorella amava la vita, programmava di andare al mare la mattina presto, come piaceva a lei”.
Gli inquirenti cercano di ricostruire la verità, anche attraverso chat e messaggi nel cellulare della figlia minore.
La coppia ha anche un’altra figlia, che quel giorno non era in casa.
Se è questa la verità, viene da chiedersi perché l’hanno taciuta per cinque mesi. E perché marito, figlia e cognato hanno dato questa nuova versione dei fatti?