Psichiatra Di Giannantonio: “Nulla cambia e accade di così drammatico in una sola notte”

Nel giorno dei funerali di Marina Angrilli e della figlia Ludovica, uccise da Fausto Filippone (marito e padre) il 20 maggio scorso, parla Massimo Di Giannantonio, ordinario di Psichiatria all’Università degli studi D’Annunzio di Chieti.
Il medico ha parlato per qualche ora con l’uomo sospeso sul cavalcavia della A14 a Francavilla al mare (Chieti), in quella lunga domenica pomeriggio, nel tentativo di farlo desistere dal proposito di gettarsi. “In realtà – spiega lo psichiatra – è come un terremoto che viene reso possibile nel corso di lunghe settimane precedenti e di lunghi mesi precedenti. C’è poi il grande sforzo che ha fatto questa persona di negare, di coprire e poi, di far apparire tutto normale, tutto quotidiano e tutto assolutamente regolare, mentre dentro la sua mente nel corso delle settimane si andava prefigurando una sorta di tragico cataclisma, una sorta di drammatico terremoto che come i terremoti, e come i maremoti, è esploso domenica mattina, ma che per certo e sicuramente aveva la sua incubazione nella mente di Filippone, molte settimane e molti mesi prima”.

Nella volontà del padre assassino non c’era, almeno nell’idea iniziale, quella di risparmiare la figlia dal suo folle gesto. “Dobbiamo attenerci ai fatti – spiega il medico – e disgraziatamente io sono stato testimone oculare di quei fatti. E mi chiedo: quale padre prenderebbe per mano la figlia di dieci anni, la condurrebbe per mano lungo uno dei viadotti più alti di tutta l’autostrada, le farebbe scavalcare il guard rail, la metterebbe in piedi con lo sguardo e il corpo verso il vuoto, la cingerebbe col braccio e all’arrivo della macchina della Polizia Stradale con un gesto immediato, irreversibile e non bloccabile, la spingerebbe volontariamente di sotto? Come facciamo a pensare che non ci fosse un pensiero, un progetto, molto ben radicato e deciso, e addirittura molto ben programmato? Non è avvenuto un incidente per caso. È stato un gesto volontario in un luogo scelto appositamente che non dava nessuna possibilità di scampo”.
Per la cura delle malattie mentali nel nostro Paese si investe ben poco della spesa sanitaria, denuncia lo psichiatra. “Il disagio sociale, la crisi economica e la crisi di valori, della coppia, la crisi delle interazioni sociali, degli affetti all’interno delle famiglie e più in generale la crisi delle relazioni – spiega Di Giannantonio – predispone un terreno drammaticamente fertile alla realizzazione di queste tragedie immani. Questa è una tragedia immane che ci fa riflettere in modo drammatico sopra la fragilità, la vulnerabilità, la possibilità che crisi esistenziali e della vita possano dare origine a delle tragedie senza purtroppo, e parlo da tecnico, darci dei segnali anche minimi, per poterci far intervenire a livello della prevenzione e a livello della terapia. Questo susseguirsi di fatti drammatici ci indica il grado di sofferenza mentale, sociale, relazione e affettiva che è uno dei punti che caratterizza il nostro sistema sanitario nazionale. Per la salute mentale l’Italia spende il 3,5 per cento del Pil, mentre altri paesi europei quali Francia, Germania e Gran Bretagna arrivano a spendere oltre il 12 per cento del Pil. Se la salute mentale peggiora, drammaticamente peggiora la salute dell’intera società italiana”.