
Saltano gli interrogatori dei sei indagati nell’ambito dell’inchiesta sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), per via dell’astensione dalle udienze degli avvocati penalisti indetta fino al 5 maggio dall’Unione nazionale delle camere penali italiane. Il resort fu da una valanga il 18 gennaio scorso, provocando 29 vittime. Solo in 11 si salvarono, tra questi tutti e 4 i bambini ospiti dell’hotel.
Tutti gli indagati sono accusati di omicidio e lesioni colpose e di rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro: il presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società “Gran Sasso Resort & SPA”, Bruno Di Tommaso, il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, e il tecnico del Comune di Farindola (Pescara), Enrico Colangeli, sarebbero dovuti comparire mercoledì 3 maggio davanti al procuratore aggiunto di Pescara, Cristina Tedeschini e al pm Andrea Papalia; l’interrogatorio del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, era invece previsto per la giornata di giovedì 4 maggio.

Saltano gli interrogatori ma non accennano a placarsi le polemiche: la querelle è tutta tra i legali del sindaco e del tecnico comunale di Farindola, che accusano la procura di aver ascoltato i loro assistiti, oggi indagati, senza alcuna garanzia difensiva. Gli avvocati Valentini e Tatozzi “ritengono del tutto inopportuno che i propri assistiti si sottopongano alla ripetizione dell’atto ed anzi hanno consigliato al sindaco e al tecnico comunale di avvalersi della facoltà di non rispondere e, dunque, di abbandonare la piena collaborazione alle indagini sin qui – sottolineano – inutilmente dimostrata”. Al procuratore aggiunto Tedeschini “non risulta di avere erroneamente, involontariamente, violato alcuna regola processuale”. “Siamo in piena dialettica di indagine – conclude Tedeschini – loro fanno le loro eccezioni e noi faremo le nostre valutazioni”.