Il padre: chi sa, parli

Non ce l’ha fatta Umberto Ranieri, 55 anni, artista originario di Paglieta (Chieti) ma da anni trasferito a Roma.
L’uomo era stato aggredito nella periferia della capitale, a Largo Preneste, la sera di domenica scorsa. Con lui c’era un gruppo di giovani, uno di questi lo avrebbe colpito con un pugno al volto, causando per l’artista la caduta rovinosa a terra, che gli ha provocato il trauma cranico.
Sul posto i carabinieri, che hanno eseguito i rilievi e stanno cercando l’aggressore. Ora si indaga per omicidio.
Ranieri era conosciuto con il nome di Nniet Brovdi: diplomato alla Belle arti di Riparta, era un artista particolarmente apprezzato più all’estero che in patria per le sue performance con tecniche multimediali.
La notizia ha sconvolto il paese, dove vivono i famigliari, che avevano già perso un altro figlio una decina di anni fa.

Il padre Filomeno invita a parlare chi ha visto. Per ora gli inquirenti escludono la pista omofoba, anche se la comunità omosessuale chiede di indagare in tal senso.
Sulla pagina romana del corriere.it si apprende che Ranieri era conosciuto nel quartiere come “il professore”, un uomo mite che amava fare passeggiate e leggere libri.
Ranieri è morto dopo due giorni di agonia, all’ospedale San Giovanni dov’era stato portato in condizioni disperate e ricoverato in coma irreversibile. La salma è stata messa a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’esame autoptico.

Proseguono le indagini dei carabinieri della compagnia Casilina per fare luce sulla vicenda e risalire al ragazzo che quella sera lo ha centrato con un pugno in pieno volto, facendolo cadere sull’asfalto dove ha sbattuto violentemente la testa. Gli investigatori stanno raccogliendo testimonianze anche per ricostruire il motivo dell’aggressione che, al momento, non sembra essere preordinata. Ancora da stabilire se dietro quel pugno ci siano motivi privati o una lite estemporanea. I carabinieri sono al lavoro per dare un volto e rintracciare i ragazzi con cui la vittima parlava l’altra sera. Erano 4 o 5 di cui due donne. Tra loro c’era anche l’aggressore che, improvvisamente, lo ha colpito.
Ad esprimere vicinanza alla famiglia dell’artista c’è anche Fabrizio Marrazzo, portavoce Gay Center, paventando il movente dell’omofobia, ha sottolineato: “Ci stringiamo al dolore dei suoi cari e della famiglia, saremo presenti ai funerali in segno di solidarietà. Ad oggi – ha aggiunto – sappiamo ancora poco sui fatti, ma chiediamo che venga fatta piena luce sul caso dagli inquirenti. Non si può morire stando seduti su una panchina nei giardini sotto casa, oggi la nostra comunità perde un amico a molti caro. Questa storia ci ricorda una delle tante storie irrisolte degli omicidi che la nostra comunità ha subito tra gli anni 90 e 2000”, ha concluso.
La vicenda di Umberto Ranieri ricorda il terribile pestaggio del musicista 29enne Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita da un gruppo di ragazzi la notte del 26 giugno 2011 nel rione Monti, nel cuore di Roma e morto dopo oltre tre anni di coma. Un violenta aggressione scattata in una delle zone della movida romana per alcuni schiamazzi dei quali furono accusati Alberto e i suoi amici.