La notizia

“Mancando di conoscenze tecnico-specialistiche, la popolazione non aveva alcun elemento per poter ritenere che a una prima scossa ne sarebbe potuta seguire una successiva più potente a così breve distanza temporale”.
E’ il giudice Emanuele Petronio, del Tribunale civile dell’Aquila, a porre riparo con una nuova sentenza al dispositivo emanato pochi giorni prima dalla collega Monica Croci, che aveva imputato il 30 per cento di responsabilità alle vittime.
Due sentenze contrapposte, che riguardano lo stesso stabile di via Campo di Fossa, dove perirono 24 persone, tra residenti e studenti universitari.
I familiari avevano chiesto risarcimento danni allo Stato, per le colpe attribuite ai ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture e Trasporti per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile nei mancati controlli durante la costruzione dell’edificio crollato la notte del 6 aprile 2009.
Il giudice Petronio, diversamente da quanto stabilito dalla Croci, ha assolto due studentesse universitarie dalla responsabilità di non essere uscite dal palazzo abbattuto dalla scossa fatale delle 3:32.
La sentenza pende ancora in sede di Corte di Appello ma questa diversità di interpretazione di una norma comportamentale non è passata inosservata ai più.
La sentenza della Croci ha avuto l’effetto di provocare sgomento in città nel capoluogo di regione, dove molteplici sono state le prese di posizione soprattutto da parte dei genitori degli studenti universitari morti quella tragica notte.
Un verdetto, che ha portato diversi cittadini a presidiare il Parco della Memoria, costruito per onorare le 309 vittime del 2009, con una manifestazione spontanea.