A Lanciano

Il presidente non era presente alla seduta di giunta regionale del 3 giugno 2016, era altrove. L’accusa per Luciano D’Alfonso è di falso ideologico in concorso: così il gup del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, ha rinviato a giudizio, oltre all’attuale senatore del Pd D’Alfonso, gli assessori regionali dell’epoca Donato Di Matteo, Silvio Paolucci, Dino Pepe e Marinella Sclocco, il capo gabinetto e il segretario della sua presidenza, Fabrizio Bernardini e Claudio Ruffini.
Secondo il pm gli imputati, nel corso della seduta della giunta regionale del 3 giugno 2016, avrebbero approvato la delibera di indirizzo per la riqualificazione e realizzazione del parco pubblico Villa delle Rose di Lanciano (Chieti), certificando la presenza del presidente, che invece si trovava altrove.
Il tutto alla luce di un “accordo telefonico intercorso tra D’Alfonso e Ruffini – è scritto nel capo d’imputazione – la cui azione era consapevolmente diretta al medesimo fine della falsa attestazione”.
Il gup, prima di decidere sulle richieste di rinvio a giudizio avanzate dal pm Andrea Di Giovanni, aveva accolto un’eccezione presentata dalla difesa dell’ex governatore, decretando l’inutilizzabilità dell’intercettazione telefonica riguardante la conversazione nella quale D’Alfonso e Ruffini prendevano accordi, compiuta dalla procura dell’Aquila nel corso di un’altra inchiesta.
Contestualmente aveva rigettato un’altra eccezione, presentata sempre dalla difesa di D’Alfonso, per chiedere l’inutilizzabilità delle indagini difensive compiute dal pm.
I sette imputati dovranno comparire davanti al tribunale monocratico il prossimo 8 giugno.
Il parco sarà intitolato al compianto vice sindaco Pino Valente, prematuramente scomparso nel 2017, “è stato un combattente per la sua città” lo definì D’Alfonso nel consiglio comunale di commemorazione ad un mese dalla scomparsa.